Foto da: www.en.wikipedia.org La nostra visita al pozzo di Su tempiesu (il nome è dovuto all'usufruttuario del terreno in cui è ubicato il monumento il quale era originario di Tempio) è stata decisamente piacevole, sia per l'ambiente e il panorama fantastico, per l'accoglienza cortesissima, esauriente, nonchè accrescitiva culturalmente, per uno scambio di informazioni cordialissimo grazie ad una collaborazione alla ricerca dataci dalla cooperativa L.A.R. co. Il pozzo sacro di Su tempiesu è l'unico, in tutta la Sardegna, a conservare il tetto a doppio spiovente semi-intatto nel tratto del vestibolo a pianta rettangolare. La fattura dei conci è decisamente affine a quella del pozzo di Santa Cristina - Paulilatino (Or) come anche l'apertura del quadro luce dell'accesso alla scalinata, di cinque gradini, della quale si nota l'aggiunta del primo, in cui è ricavato il solco di sgocciolo sulla canaletta; questo scalino è stato aggiunto, sopraelevato di alcuni centimetri dal piano di calpestio del vestibolo, per evitare a fogliame o altro di sporcare l'acqua. Tale canaletta, tagliando trasversalmente la pavimentazione del vestibolo, conduce l'acqua nel secondo pozzetto, dal quale sgorga nella celletta votiva tramite un concio in steatite verde lavorato a bocca e, sucessivamente, incanalata in un terzo pozzetto, ancora più a valle e ora non più in situ, del quale sono stati rinvenuti i conci d'appartenenza. Ma citiamo un pò di storia degli scavi: Iniziamo dalla scoperta del monumento il cui merito và alla famiglia Sanna che nel 1953 lo individuò e ne diede notizia, e, in seguito, Su tempiesu ha subito due interventi di scavo mirati: il primo, condotto da Gian Godeval Davoli, nell'arco di un mese all'inizio dell'estate del 1953 che non diede grandi ritrovamenti; il secondo durato circa sei anni, nei quali è stata compiuta l'operazione di manutenzione, scavo e restauro, che ebbe inizio nel 1981 sotto la supervisione di Maria Ausilia Fadda della Soprintendenza archeologica per le province di Sassari e Nuoro. Durante quest'arco di tempo furono rinvenuti, presso il deposito del pozzetto votivo, bronzi, ollette e tazze carenate; in un secondo momento, durante lo scavo del nuraghe Santa Lulla, a poche centinaia di metri in linea d'aria, un bronzo dai tratti somatici negroidi con ancora il supporto litico nei piedi proveniente dalla medesima fonte. Vediamo ora il monumento dal punto di vista architettonico. Accostandosi ad altri edifici di culto in tutta l'isola, il pozzo sacro di Su tempiesu presenta caratteristiche architettoniche proprie di uno stile/tipo di progettazione e messa in opera canonico, determinando la grandezza della civiltà che ne ha edificato le strutture. Il materiale basaltico, non presente in questa zona, ricca di scisto, deve essere stato trasportato da molto lontano per la costruzione del monumento. Il ritrovamento di questo pozzo ha determinato, grazie ad altri fattori comuni (come il modello di nuraghe + pozzo in bronzo di Luogosanto), la comprensione della parte sopra il piano di calpestio di questi edifici, infatti, conci martellinati a cornice in rilievo, rinvenuti sul posto, fanno elemento comune presso altre medesime strutture (architettoniche/funzionali ), dei quali, in precedenza, se ne ipotizzava diverso utilizzo non avendo elementi architettonici in situ in egual quantità. I suddetti ritrovamenti sono stati fatti presso: Il pozzo Irru in Nulvì, Santa Anastasia di Sardara (Su puttu de is dolus) durante gli scavi del Taramelli nei primi del 1900 e interpretato come altare, Funtana Pomposa presso sa Korona Arrubia, e in prossimità del pozzo di Santu Sarbadori di Figu/Gonnosnò (OR) (da verificare). Il mancato rinvenimento dei medesimi conci presso altri pozzi è d' attribuirsi alla rimozione degli stessi in periodo medioevale e cristiano, dove i conci martellinati venivano in gran parte riutilizzati per l'edificazione di chiese o abitazioni, se ne ha notizia infatti anche per la fonte di Puntanarcu nell'agro di Sedilo (OR), il cui nome ricorda gli archi monolitici di cui è dotato Su tempiesu di Orune a giunzione dei muri aggettanti nel tratto vestibolare. Il suddetto concio, era posizionato sulla parte terminale del tetto a doppio spiovente che sovrastava l'edificio, saldato ad altri conci per mezzo di fusioni di piombo inglobanti spade votive in bronzo (in quanto prive di manico) rinvenute durante gli scavi. Sul doppio spiovente, nel timpano, è stata realizzata una doppia cornice in rilievo dalla bellissima finitura, anch'essa analoga ad altre cornici rinvenute nell'isola, come per esempio quella nella vasca del Tempio di Su monte in Sorradile (OR), e nei lati realizzate bugne mammellari (per un totale di 32) delle quali alcune rimosse a raso; si ipotizzò che si trattasse di elementi puramente funzionali alla messa in opera dei conci, che invece, sono elemento decorativo simbolico religioso della fertilità nel contesto sardo della fine del bronzo (tomba dei giganti di Sos Ozzastros di Abbasanta (Or) / Norbello (Or) / Tamuli Macomer (Nu) - primo Ferro (pozzi sacri Irru di Nulvì / Predio canopoli di Perfugas (Ss) / Funtana Niedda di Perfugas (Ss) / Sant'Anastasia di Sardara (Ca)), che mostra una continuità dal neolitico, attraverso i chiusini delle domus de janas rinvenuti in varie parti dell'isola (es. Abbasanta nell' abitato / San Vero Milis - Serra is Araus). Il vestibolo, a pianta rettangolare, è composto da due muri aggettanti a faccia, della medesima architettura del pozzo di Santa Cristina - Paulilatino (Or), con sollavati, rispetto al piano di calpestio, i consueti banconi-sedile per la deposizione delle offerte e ricavati sulle pareti due stipetti, uno per parte. L'intero monumento svettava, in origine, per più di sette metri, se si tiene conto dell'altezza del vestibolo, di 2,76 m e l'altezza originaria del timpano di circa 4,24 m . La tholos del pozzo, 1,82 m di altezza X 0,90 m di diamtro di base, è piattabandata in cima, composta da 11 filari uniti da colate di piombo che ne conservano perfettamente l'impermeabilità, ad esclusione dei canonici fori posti per l'incanalamento dell'acqua posti a faccia nel 10 filare. Il terzo foro è praticato più in basso (come per il pozzo di Santa Vittoria di Serri (Nu) ) e si protrae all'interno della roccia per 1,60 m. Nel fondo di entrambi i pozzetti è ricavato un piccolo disco circolare, che la Fadda chiama piccola "fossetta di decantazione" di forma circolare al quale attribuisce la funzione di accumulo delle impurità, che a mio parere rappresentava l'astro di diana. Il pozzetto ha diamatro di 0,65 m X 0,90 d'altezza e conteneva stiletti votivi, spilloni, bronzi figurati e altro, che venivano periodicamente rimossi e posti nel bancone laterale al quadro luce sormontato da architrave fortemente consumato dal ristagno dell'acqua quando il pozzetto era interrato, che la Fadda azzarda sostenere sia un arco ribassato come quelli nella parte alta del vestibolo nonostante salti all'occhio che si tratta dell'erosione del concio basaltico; la copertura di questo tratto vestibolare doveva essere composta da lastrine di scisto, ricco nella zona, aggettanti anch'esse a coprire la canaletta lastricata che portava l'acqua al terzo pozzetto ormai distrutto. Ai lati del quadro luce sono ricavati frontalmente due nicchiette e una mensola in scisto sovrastante. L'intero monumento è incassato nella roccia e abbracciato lateralmente da muri in scisto, che sono considerati la parte più antica del monumento, anche se io mi consento qualche riserva.
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